Consorzio del Vino
Brunello di Montalcino®

FABRIZIO BINDOCCI CONFERMATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSORZIO DEL VINO BRUNELLO DI MONTALCINO

FABRIZIO BINDOCCI CONFERMATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSORZIO DEL VINO BRUNELLO DI MONTALCINO

 

14/06/2013

Patrizio Cencioni, Bernardo Losappio, Francesco Ripaccioli i tre nuovi vicepresidenti


 

Puntare sulla complementarietà tra grandi e piccoli produttori per avere ancora maggior peso in Italia ed all’estero, consolidare il ruolo guida sul territorio per sviluppare l’economia montalcinese, investire sulla formazione dei giovani, puntare sulla diversificazione delle zone di produzione per orientare meglio il consumatore, realizzare un  codice etico: questi i punti caratterizzanti il nuovo mandato.

 

Montalcino, 13 giugno 2013 - Il Consiglio di Amministrazione ha confermato all’unanimità Fabrizio Bindocci alla guida del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino. Bindocci, resterà in carica fino al 2016. Il Consiglio ha inoltre eletto i tre Vicepresidenti: Patrizio Cencioni, Bernardo Losappio, Francesco Ripaccioli.

 

Fabrizio Bindocci, 58 anni, dal 1999 direttore dell’azienda Il Poggione della famiglia Franceschi (azienda per la quale lavora fino dal 1976), una delle tenute storiche della terra del Brunello. Già vicepresidente durante il primo mandato di Filippo Fanti (1998 - 2000), nel Consorzio ha ricoperto la carica di Presidente da giugno 2012, sostituendo il Cav. Ezio Rivella.

 

Il presidente appena confermato  guiderà per tre anni una realtà che nel 2012 ha prodotto  9.200.000 bottiglie di brunello e 4.500.000 di rosso di Montalcino, 40.000 bottiglie di Moscadello e  360.000 bottiglie di  Sant’Antimo (nel 2012 contro le 340.000 del 2011) con una quota di export che si assesta al 65%.

 

Quello di Fabrizio Bindocci sarà un mandato all’insegna della continuità rispetto al suo precedente impegno. Come il presidente stesso ha voluto sottolineare nel suo discorso di insediamento “sarà un  mandato che trova nell’unione indissolubile tra produttori, Consorzio e territorio, la linfa vitale. La dicotomia dimensionale, secondo cui gli interessi dei grandi produttori e di quelli più piccoli restano irrimediabilmente distanti, a Montalcino non vale. Anzi la complementarietà tra i grandi produttori, che rappresentano alcuni dei player più importanti del sistema vitivinicolo nazionale, e i piccoli vignaioli, custodi della tradizione e dell’alto artigianato enologico ha fatto grande il brunello.  Grazie a ciò - prosegue Bindocci - il Consorzio potrà  sempre più svolgere oltre al  ruolo di “gestore della denominazione” quello di vera e propria “agenzia di sviluppo territoriale e di “catalizzatore di energie” produttive e promozionali. Il Consorzio del Brunello è chiamato a diventare un tavolo di sintesi, dove il valore del marchio del territorio è più facilmente comunicabile, per rispondere alle esigenze delle piccole e grandi aziende, ma anche alle sollecitazioni che vengono dal mondo della politica e delle istituzioni. In una parola la nuova frontiera finisce per chiamarsi necessariamente “promozione del territorio”. Il Consorzio del Brunello di Montalcino quindi attuerà anche una serie di eventi e manifestazioni “destagionalizzate” per animare il territorio anche nei periodi dell’anno meno frequentati da turisti e/o appassionati”.

 

Un altro aspetto importante per Bindocci è quello della formazione per i giovani produttori “cui saranno dedicati dei corsi per migliorare le loro capacità ed aumentare la loro preparazione, in un mondo, quello del vino, sempre più proiettato all’internazionalizzazione e alla competizione. C’è poi la novità rappresentata dal codice etico dell’associato al Consorzio, una sorta di forma di autocertificazione con la quale chi vorrà

aderire volontariamente a questo progetto, si impegnerà a perseguire la massima correttezza nei rapporti con gli altri consorziati, al di là, evidentemente, dal restare competitor sul mercato”.

 

 

 

Da ultimo – conclude Fabrizio Bindocci - ma non per importanza, credo che il Consorzio debba lavorare con rinnovato impegno per  avviare un progetto per la diversificazione delle zone, che non significa stabilire una gerarchia qualitativa dei Brunello più buoni o meno, ma una sorta di carta di orientamento, per clienti e/o appassionati, che, peraltro, il mercato già chiede e, in qualche misura, sta già costituendo. La fisionomia del territorio di produzione del Brunello non è  unica, monolitica e tutta uguale”.